i touch a dream video screening di masaharu sato

VIDEO SCREENING  

realizzato in occasione della Rassegna RESISTERE / RINASCERE “L’Altro Giappone al MANN 2021”

INTRODUZIONE AL PROGETTO ORIGINALE

 

The JAPAN FOUNDATION è lieta di presentare una mostra online nel contesto dei numerosi nuovi progetti di scambio artistico adattati ad una nuova realtà che convive con il corona-virus. La situazione pandemica ha reso difficoltoso -se non impossibile- il movimento di persone e cose in tutto il mondo e, di conseguenza, ha costretto la Fondazione ad annullare molti dei progetti di scambio interculturale in programma. Allo stesso tempo, i forum online hanno velocemente preso piede come luogo di comunicazione, e tutti siamo stati costretti a rivalutare la loro “distanza” dall’ambiente circostante.

Questa mostra è nata da una domanda: come possiamo, in questo contesto, costruire connessioni con il mondo? Tra le numerose mostre di arte giapponese organizzate da The Japan Foundation in tutto il mondo nel corso degli anni, questa è la prima ad essere tenuta completamente online.

La mostra presenta le opere di 11 artisti contemporanei giapponesi, sul tema commissionato di “tradurre la distanza.” La distanza psicologica o fisica non è mai stata facile da attraversare o accorciare –  oggi è diventata un qualcosa che deve essere accettato con stoicismo. Questa mostra è stata creata per esporre opere che affrontano profondamente ed intensamente questo tipo di distanza – dal Giappone a chiunque in qualunque parte del mondo. Speriamo che tutti, ovunque si trovino, possano goderne.

In ultimo, ma non meno importante, la nostra sincera gratitudine va a tutti gli artisti che hanno partecipato al progetto e a tutte le persone che hanno contribuito alla realizzazione di questa mostra.

Marzo 2021

The Japan Foundation

IL TEMA

 

Che tipo di rapporto abbiamo in questo momento con i nostri amici, amanti, familiari o con le persone che incontriamo per caso? Che dire, poi, della nostra relazione con i personaggi del passato, o con cose che non sono umane? Quale senso di distanza ci suscitano rapporti del genere?

Nel diciannovesimo secolo, quando la comparsa delle locomotive a vapore ha significato il velocizzarsi degli spostamenti verso mete lontane, il nostro senso della distanza ha subito una drastica modifica. Si può dire che questa “rivoluzione della velocità”, che è stata ulteriormente accelerata dall’invenzione di automobili e aerei, è penetrata nei nostri rapporti con il mondo e ci ha spinto a sostituire la nozione di distanza fisica con quella di tempo. Eppure, nel 2020, la pandemia globale ha rotto improvvisamente questa “luna di miele” tra tempo e distanza che andava avanti dai tempi della rivoluzione industriale. Oggi conviviamo con le restrizioni ai nostri movimenti. Abbiamo acquisito così una maggiore consapevolezza di quel concetto di distanza, sia fisica che psicologica, a cui prima non avevamo mai prestato sufficiente attenzione.

Ma una separazione è da considerarsi sempre, per forza di cose, negativa? Ora che ci siamo resi conto che la percezione di distanza che ha permeato le nostre esistenze per quasi 200 anni può essere valutata secondo standard alternativi, non potremmo cercare di cogliere gli aspetti positivi della “distanza”, per intenderla non nel senso della sua concretezza fisica ma come qualcosa di diverso?

Le opere degli 11 artisti qui presentati si riferiscono a molti tipi diversi di “distanze”, o ai rapporti che attraverso queste distanze si formano: tra persone, tra persone e luoghi, tra passato e presente, tra luoghi fisici e spazi immaginativi.

ARAKI Yu, HAN Ishu, IIYAMA Yuki, KOIZUMI Meiro, MŌRI Yuko, NOGUCHI Rika, OKUMURA Yuki, SATO Masaharu, SAWA Hiraki, YANAI Shino, YOSHIDA Shinya: non tutte le opere di questi 11 artisti fanno riferimento alla distanza fisica in senso stretto. Ma offrono a tutti noi, che viviamo in un momento di svolta che non si vedeva forse dai tempi della rivoluzione industriale, nuove scoperte – come un orologio rotto che ha ripreso a ticchettare.

KIMURA Eriko, KONDO Kenichi, MASUDA Tomohiro, NOMURA Shino

Curatori della mostra

 

La mostra “11 Stories on Distanced Relationships: Contemporary Art from Japan

è presentata all’interno del programma della Rassegna L’Altro Giappone al MANN 2021.

Il progetto originale, nato per una fruizione online, ideato e organizzato da The JAPAN FOUNDATION insieme ai curatori e agli artisti giapponesi sotto indicati, è stato pubblicato sul sito di The Japan Foundation dal 30 marzo al 5 maggio 2021 e comprendeva anche il lavoro di altri artisti che non è stato possibile inserire in questa occasione.

Tutti i materiali originali – video, testi e immagini dei pannelli – come anche i copyright appartengono a The Japan Foundation e ne è vietata la diffusione, riproduzione e la stampa non autorizzata.

L’outline che segue è quello originale della versione online,

pertanto riporta date e collettivo di artisti al completo, così come pubblicati sul sito istituzionale

di The Japan Foundation al momento della presentazione e fruizione online della mostra.

 

OUTLINE ORIGINALE

[Mostra online] 11 Stories on Distanced Relationships: Contemporary Art from Japan: Contemporary Art from Japan

Durata: 30 Marzo– 5 maggio 2021

Organizzatore: THE JAPAN FOUNDATION

Artisti: ARAKI Yu, KOIZUMI Meiro, SAWA Hiraki, IIYAMA Yuki, YOSHIDA Shinya, NOGUCHI Rika, OKUMURA Yuki, MOHRI Yuko, YANAI Shino, HAN Ishu, SATO Masaharu

Curatori: KIMURA Eriko, KONDO Kenichi, NOMURA Shino, MASUDA Tomohiro

Gestione del progetto: SHIBAHARA Satoko, TODA Fumiko

Traduzione: Edan Corkill

Traduzione dall’inglese per la Rassegna L’Altro Giappone al MANN 2021: Alessia Perito

I CURATORI

 

KIMURA Eriko

Curatrice, Yokohama Museum; Curatrice capo della Triennale di Yokohama 2020

Ha curato mostre tra cui: “HANRAN: 20th-Century Japanese Photography,” Galleria Nazionale del Canada, Ottawa (2019-2020), “Showa Portraits: Tracing the People and History of the Showa Era through Photography,” (2017, 2018), “BODY/PLAY/POLITICS,” (YMA, 2016), “Cai Guo-Qiang: There and Back Again” (2015), “NARA Yoshitomo: a bit like you and me…,” (2012-2013), “Takamine Tadasu: Too Far To See,” (2011), “Tabaimo: DANMEN” (2009-2010). Ha anche partecipato come curatrice esterna alla Kuandu Biennale di Taipei (2008) ed è stata sovrintendente al Busan Sea Art Festival (2011).

KONDO Kenichi

Curatore capo, Mori Art Museum

Ha curato e co-curato mostre tra cui “Future and the Arts: AI, Robotics, Cities, Life” (2019), “Catastrophe and the Power of Art” (2018), “Andy Warhol: 15 Minutes Eternal” (2014), “Roppongi Crossing 2010: Can There Be Art?” (2010), la performance da solista di Koizumi Meiro (2009) e le proiezioni filmografiche di di Bill Viola (2015) e Gordon Matta-Clark (2015). Ha anche curato un evento d’arte filmografica assieme ad alcuni giovani artisti giapponesi per la Sala 1 di Roma (2010) ed è stato Ricercatore all’Hamburger Bahnhof – Museum for Contemporary Art – Berlin, National Museums of Berlin (2014–15).

 

MASUDA Tomohiro

Curatore, Museo Nazionale di Arte Moderna, Tokyo

Ha curato mostre tra cui “Peter Doig” (2020), “Awakenings: Art and Society in Asia 1960–1990” (co-curatore per il Museo Nazionale di Arte Moderna di Tokyo, per il Museo Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea in Corea, e per la Galleria Nazionale di Singapore 2018–2019), “No Museum, No Life?: Art-Museum Encyclopedia to Come From the Collections of the National Museums of Art” (co-curatore, 2015), “Takamatsu Jiro: Mysteries” (2014–2015).

 

NOMURA Shino

Curatrice capo, Tokyo Opera City Art Gallery

Ha curato mostre tra cui: “Camille Henrot | Stepping on a Serpent” (2019), “Rhythm in Monochrome, Korean Abstract Painting” (2017), “Simon Fujiwara | White Day” (2016), “Zaha Hadid” (2014), “Hiraki Sawa | Under the Box, Beyond the Bounds” (2014), “Element | Cecil Balmond” (2010), “The House and the City: Architecture by Diener & Diener” (2009), “Toyo Ito | The New ‘Real’ in Architecture” (2006), “Conversation with Art, on Art” (2006). All’esterno ha collaborato al Comitato di “Vision of the City – Obayashi Foundation Program”, “Theaster Gates” (2019) e “AIDA Makoto: Ground No Plan” (2017).

NOTE DEI CURATORI

HAN Ishu

SLOW SAMBA – Practice to Dance with You – video – 11’34”

KOBE: città portuale che è servita come una finestra sul mondo negli anni subito successivi all’apertura del Giappone verso l’Occidente. Traboccante di esotismo e orgogliosa vetrina dei resti del vecchio insediamento straniero, è tuttora una delle principali mete turistiche del Paese. Ha anche ospitato molte industrie e ora una gran parte dei suoi operai sono di origine straniera. Con una popolazione lavoratrice locale in declino, l’industria giapponese non potrebbe fare a meno di loro, eppure per anni il Paese ha finto di non vedere le pessime condizioni lavorative in cui vivono.

Dal 2019 al 2020, in occasione di una mostra personale a Kobe, Han ha visitato la città e ha interagito con gli operai stranieri soffermandosi  sulle loro condizioni di vita e di lavoro, in particolare in una specifica fabbrica di scarpe. Nel corso delle interviste, ha appreso che Kobe non solo era stata una “finestra sul mondo”, ma anche una “porta per il mondo” di cui molti giapponesi si sono serviti per emigrare in Brasile. Giapponesi che hanno lavorato in Brasile da emigrati e lavoratori stranieri che attualmente vivono e lavorano in Giappone: catturando tutte le loro storie, “Dancing with shoes” diventa qualcosa di simile a una messa in scena ambigua, dove si mette a nudo il circolo senza fine del controllo e della sottomissione, mentre, allo stesso tempo, si esprime la speranza che “danzando insieme” si possa creare un legame, indipendentemente dalla distanza di tempo e nazione.

Nato a Shanghai nel 1987, Han Ishu vive a Tokyo. Con un’attenzione particolare ai momenti di dubbio e confusione che sorgono nel confronto tra società e individuo, Han crea filmati e installazioni combinando il suo corpo e i prodotti di massa per indagare la genesi delle norme di comunicazione o l’identità in contesti sociali/comunitari.

Tra le sue principali mostre ricordiamo: “Nissan Art Award: New Work by 2020 Finalists” (Nissan Pavilion, 2020), “YOUR KINDNESS” (mostra personale – Kobe Art Village Center ART LEAP2019, Hyogo, 2020) “Thank You Memory: From Cidre to Contemporary Art” (Museo dell’arte contemporanea di Hirosaki, Aomori, 2020), “The Drifting Thinker” (mostra personale- Moca Pavilion, Shanghai, 2017) e “Sights and Sounds: Highlights” (The Jewish Museum, New York, 2016). Vincitore del Nissan Art Award al Gran Premio 2020.

 

YOSHIDA Shinya

Lafcadio Hearn – His unending Summer- video – 20’59” – 2021

C’è uno scrittore nato in Grecia (ai tempi protettorato britannico) a metà del XIX secolo che sul finire del secolo arrivò in Giappone attraverso l’Europa, gli Stati Uniti e le Indie Occidentali, LAFCADIO HEARN, che in seguito acquisì la nazionalità giapponese con il nome Koizumi Yakumo (che significa “nuvole sovrapposte a piccole sorgenti”). Hearn era affascinato dalle leggende e dai misteri tramandati a voce dalle donne del Giappone provinciale, e divenne noto per aver trascritto una settantina di storie di questo tipo.

Yoshida Shinya si è concentrato sulla vita itinerante di Lafcadio Hearn e sulle due donne che furono le sue più importanti narratrici, sua madre Rosa e sua moglie Setsu. Usando come base il diario di viaggio di Hearn in Giappone, The Dream of a Summer Day, Yoshida si immedesima in Hearn e si propone di ripercorrere le sue orme. Le coste intricate e le isole punteggiate di paesaggi marini di Shimane, Kumamoto e Nagasaki sono impregnate del ricordo delle cantastorie che Hearn ha incontrato e delle fantasiose leggende collegate al mare. Il paesaggio che si mostra ai nostri occhi mescola memoria e associazioni, e si sovrappone ai vaghi ricordi d’infanzia di Hearn. Yoshida, artista del nostro tempo, stratifica le parole e disegna una storia a più voci per trovare punti di comunanza tra la sua prospettiva e la tendenza cosmopolita di Hearn a viaggiare non solo attraverso il nostro mondo, ma attraverso mondi e tempi diversi.

Nato nella prefettura di Aomori nel 1994, Yoshida Shinya vive nella prefettura di Shimane. Crea filmati e video-installazioni multicanale che attraverso paesaggi perfettamente costruiti, e narrazioni che combinano fatti sotto forma di ricordi umani con le parole dell’artista stesso generando un’arte a più livelli, che sembra risvegliare strati di memorie celate nelle profondità del paesaggio.

Tra le principali mostre di gruppo a cui ha preso parte, vale la pena menzionare: “Media Practice 20-21” (Yokohama Campus, Università delle Arti di Tokyo, Kanagawa, 2021) e “Sapporo International Art Festival” (partecipazione limitata ai soli progetti online a causa della cancellazione dell’evento, 2020).

 

ARAKI Yu

Bivalvia: ActⅡ(R)video, 17’15”, 2021

Il mollusco è effimero. Il suo guscio è un’allegoria della morte annunciata. E un guscio svuotato può essere paragonato a un corpo senza anima.

Il mollusco è una scultura. La sua superficie è solo sua, segno di una vita diversa da tutte le altre.

Il mollusco è tranquillo. Quando è nervoso si richiude in se’ stesso, ma quando è felice, canta.

Si dice che siano passati 550 milioni di anni da quando i molluschi sono apparsi sulla terra il che significa che sono esistiti fin dai tempi più remoti, molto più a lungo degli esseri umani. Che fossero o meno consapevoli di questa differenza di anzianità, gli uomini hanno sempre trattato i crostacei con un certo rispetto, raccontando leggende e miti su di loro, trovando in loro simbolismi e allegorie o un ingrediente per portare varietà alla tavola.

Il termine Bivalvia è il nome scientifico latino che viene usato per classificare i molluschi composti da due metà, due conchiglie simmetriche a destra e a sinistra. Questi bivalvi, che sono apparsi in storie, metafore, parabole e allegorie nelle culture di tutto il mondo, servono da punto di partenza per Araki e per il suo liricismo drammatico di associazione e fantasia.

L’opera attuale, è un secondo atto che nasce da un’unica domanda: cosa pensano i molluschi dell’uomo e della terra dei nostri giorni? Per rispondere, Araki tenta un’intervista con un mollusco. Cosa gli dicono i molluschi, e come può essere stabilita la comunicazione tra molluschi e esseri umani? E se l’opera rappresentata è la conchiglia di destra, allora dov’è il guscio sinistro con cui dovrebbe essere accoppiato? Ebbene sì, questo dramma lirico si sviluppa in maniera speculare, con il Giappone e l’Australia, emisfero settentrionale e meridionale, rappresentati dalle conchiglie di destra e sinistra.

 

Araki Yu è nato nel 1985, prefettura di Yamagata, attualmente vive a Tokyo. Spinto da uno spiccato interesse per la trasmissione e gli incroci culturali nonchè per le varie combinazioni che successioni di fraintendimenti e ed errori di traduzione possono generare, Araki crea storie a metà tra eventi storici e fantasia, che dal punto di vista creativo trovano vita in installazioni e filmati di ambientazione attuale.

Tra le principali mostre in collaborazione a cui ha partecipato, si ricordano: “Connections: 150 Years of Modern Art in Japan and France” (Museo d’Arte di Pola, Kanagawa, 2020), “The Island of the Colorblind” (Art Sonje Center, Seoul, 2019), “Future Generation Art Prize” (in cui è stato finalista- Pinchukartcentre, Kyiv, 2019), “The Way Things Do” (Fundació Joan Miró, Barcellona, 2017) e “Okayama Art Summit” (Okayama, 2016). Un film che ha co-diretto, Mountain Plain Mountain, è stato selezionato per il Festival del Cinema Internazionale di Rotterdam (2018), dove ha vinto il premio Ammodo Tiger per il miglior cortometraggio. Da quel momento, ha preso parte a numerose rassegne e festival cinematografici.  Attualmente “Bivalvia” è in esposizione al Contemporary Art – Stream  della Sydney Opera House.

 

 SATO Masaharu

I touch Dream #1 – video – 3’34”,1999

I want to be a wolf – loop – 2017

Dopo aver studiato pittura ad olio presso un’università di arte di Tokyo, Sato Masaharu si è iscritto alla Kunstakademie di Düsseldorf come studente in trasferta. Il suo primo lavoro filmografico è stato I touch Dream # 1, poco dopo il suo arrivo in Germania. Oppresso dalla solitudine della vita in un paese straniero e dagli incubi incessanti, ha cominciato a disegnare a carboncino frammenti dei suoi sogni e li ha fotografati uno ad uno per creare un’animazione. In questo lavoro si delineano due ansie estremamente personali, provenienti rispettivamente dai regni della realtà e del sogno, che si manifestano però in una realtà universale e reale.

Nel 2010, quando è tornato in Giappone dopo un decennio di vita in Germania, gli è stato diagnosticato un cancro e ha dovuto portare avanti il suo lavoro creativo assieme alla lunga lotta con la malattia, che si è conclusa con la sua morte nel 2019. La tecnica del rotoscoping, che arrivò a coincidere con il suo lavoro, gli permetteva di suddividere i filmati di paesaggi reali in fotogrammi individuali, riprocessandoli scrupolosamente prima di rifarne un’animazione. Il risultato è un confine sfumato tra reale e fantasia, tra presenza e assenza. “Voglio essere un lupo”, in cui un lupo – animale estinto da anni in Giappone – ripete la stessa azione all’infinito, risveglia in noi sentimenti di incertezza e, allo stesso tempo, di realtà. Il senso di ambivalenza risultante ci costringe ad indagare nuovamente tutte quelle linee di confine che avevamo sempre dato per scontate.

Nato nella prefettura di Oita nel 1973, Sato Masaharu ha lavorato nella prefettura di Ibaraki fino alla sua morte, nel 2019. Dopo essersi laureato all’Università delle Arti di Tokyo, ha frequentato il PhD alla Kunstakademie di Düsseldorf per due anni a partire dal 2000. Usando una telecamera per girare le riprese di paesaggi naturali dal vivo, li ha poi riportati su computer con tecniche di rotoscoping per creare video animati. Il senso di incongruenza derivante dal divario con la ripresa originale crea un distacco tra realtà e fantasia che smuove la coscienza dello spettatore.

Tra le esposizioni più importanti si nominano: “DOMANI: The Art of Tomorrow” (The National Art Center, Tokyo, 2020), “Dr. Reaper” (mostra personale – KEN NAKAHASHI, Tokyo, 2019), “Roppongi Crossing 2019: Connexions” (Mori Art Museum, Tokyo, 2019), “First Lingering Mist of Spring” (Tokyo Arts and Space Hongo, Tokyo, 2019), “The Iris of a Wolf” (Block House, Tokyo, 2017) and “Hara Documents 10 Masaharu Sato: Tokyo Trace” (mostra personale- Museo di Arte contemporanea di Hara, Tokyo, 2016). Vincitore della 12esima edizione del Premio Taro Okamoto per l’arte contemporanea (2009).

 

NOGUCHI Rika

Lucent Sea – video – 18’ -2021

Persone e barche si intravedono in lontananza, al centro di una composizione che mette in primo piano l’orizzonte. Tutte le trentadue scene che compongono l’opera sono girate in una spiaggia di Okinawa. Concentrati sulle immagini per un po’, e presto noterai qualcosa di strano. Le piccole increspature sulla superficie del mare si muovono un po’ troppo velocemente, i passi delle persone che attraversano l’acqua bassa sono un po’ troppo pesanti. Il movimento veloce/lento genera un lieve effetto di alienazione e spinge lo spettatore ad scomporre ogni scatto in piccoli fenomeni.

I nostri occhi gradualmente si abituano, e cominciamo a notare altri dettagli ancora più infinitesimi e misteriosi: la luce che si riflette sulla canna da pesca, un uccello che attraversa lo schermo, la barca e lo yacht che all’improvviso cambiano rotta, due persone che parlano e camminano nelle acque basse, una persona che caccia all’improvviso la testa fuori dall’acqua, e il contrasto tra il movimento delle nuvole e le persone a terra. Si notano alcuni accenni drammatici. Alla fine di queste scene dove finiranno la gente, le navi, le nuvole?

Nel momento in cui queste domande prendono forma nella nostra mente, lo schermo sbiadisce e ci mostra la scena successiva. L’unico a sapere dove stanno andando questi piccoli fenomeni è l’orizzonte che rimane sullo schermo, il palcoscenico di tutti questi piccoli eventi. In questo modo, la nostra attenzione si sposta dai dettagli all’orizzonte, e alla fine la nostra immaginazione ci porta ad estenderlo fuori dalla cornice. Questo perché la linea orizzontale definisce la composizione visiva mentre divide il fotogramma tra un qua e un lì, e suggerendo l’esistenza di un mondo ancora più distante.

 

Noguchi Rika nasce a Saitama nel 1971. Vive e lavora a Naha, Okinawa. Usa la fotografia come mezzo per dare forma a «ciò che c’è ma non si vede». La sua acuta sensibilità si nota fin dalla scelta dei temi e dall’originalità della sua prospettiva, ma il suo talento più notevole sta nel modo in cui cattura la luce soffusa che sembra avvolgersi attorno agli oggetti. Di recente ha anche lavorato sulla video art concentrandosi su soggetti come piante e insetti.

Le sue mostre personali più recenti includono, tra le più rilevanti: “At the Bottom of the Sea” (Taka Ishii Gallery, Tokyo, 2017), “To the Night Planet” (Loock Gallery, Berlino, 2016) e “Light Reaching Future” (Izu Photo Museum, Shizuoka, 2011-12). Tra le mostre in collaborazione con altri artisti, si segnalano invece: “Twinkling Skin, Emission of Light by Life and Death” (Museo d’arte di Ashikaga, Tochigi, 2020), “Overlapping Circle” (Kawamura Memorial DIC Museum, Chiba, 2020), “Reborn-Art Festival 2019” (Miyagi, 2019) e la 21esima Biennale di Sydney “SUPERPOSITION: Art of Equilibrium and Engagement” (Sydney, Australia, 2018).

SAWA Hiraki

Polaris – video – 14’40” – 2021

Definiresti lontano o vicino un luogo che è a un’ora di cammino da qui? La tua risposta non dipendere forse dal tuo rapporto con quello che c’è alla fine della passeggiata?

Per Robert Law, che lavora presso il più antico osservatorio astronomico pubblico della Gran Bretagna (il Mills Observatory di Dundee, in Scozia), la distanza dalle stelle, a diversi anni luce di distanza, potrebbe essere minore della distanza dai suoi vicini. Autodidatta appassionato di astronomia che non ha mai ricevuto una formazione specialistica e che si è imbattuto nel suo lavoro attuale per puro caso, Law condivide storie di corpi celesti con i visitatori mentre sistema le vecchie apparecchiature dell’osservatorio.

Sawa Hiraki ha incontrato Law nel 2013 ed è rimasto così colpito dal suo forte legame con lo spazio, la luce e le lenti che ha deciso di fotografarlo al lavoro.  L’arte di Sawa è nota finora per la rappresentazione visiva di mondi che le persone potrebbero sentire familiari nel profondo della loro memoria o coscienza, ma che non avrebbero mai potuto realmente esistere nella realtà, come una stanza con innumerevoli modellini di aeroplani che la attraversano in volo, o bollitori e cavalli di legno che iniziano a muoversi di propria volontà. Anche se Sawa e Law sembrano avere poco in comune, si potrebbe dire che condividono una consapevolezza dello spazio e del tempo che si basa sul concetto di spazio multidimensionale. Che sia al di là del cielo o all’interno della coscienza umana, creano spazi privati e confortevoli che esistono al di là dei normali concetti di tempo e distanza e dei confini tra realtà e fantasia. E ci mostrano che possiamo scegliere quando avvicinarci e quando tornare.Nato nella prefettura di Ishikawa nel 1977, vive tra Londra e Ishikawa. Nei suoi filmati cattura la complessità psicologica dei soggetti, inclusi i loro paesaggi mentali e ricordi. Negli ultimi anni si è dedicato ad installazioni che combinano in asse, video di opere realizzate sia in 2D che in 3D. I suoi tentativi di combinare spazio fisico e mentale conducono gli spettatori in un viaggio attraverso la vastità della coscienza umana.

 

Nato nella prefettura di Ishikawa nel 1977, Sawa Hiraki vive tra Londra e Ishikawa. Nei suoi filmati cattura la complessità psicologica dei soggetti, inclusi i loro paesaggi mentali e ricordi. Negli ultimi anni si è dedicato ad installazioni che combinano in asse, video di opere realizzate sia in 2D che in 3D. I suoi tentativi di combinare spazio fisico e mentale conducono gli spettatori in un viaggio attraverso la vastità della coscienza umana.

Tra le mostre a cui ha preso parte si ricordano:“Overlapping Circles: 5 Artists Collaborate with the Collection” (Kawamura Memorial DIC Museum of Art, Chiba, 2020), “KAAT Exhibition 2018: Hiraki Sawa” (mostra personale– Teatro delle Arti di Kanagawa, Kanagawa, 2018), “Reborn Art Festival” (Miyagi, 2017), “Sapporo International Arts Festival” (Hokkaido, 2017), “Oku-Noto Triennale” (Ishikawa, 2017), “Under the Box, Beyond the Bounds” (mostra personale– Tokyo Opera City Art Gallery, Tokyo, 2014) e la 17esima Biennale di Sydney (Sydney, Australia, 2010).