di Daniele di Franco

ueshiba che annaffia i fiori
Maestro Ueshiba che si prende cura dei fiori. ©Akikai D’Italia

L’Aikidō (合氣道) è una disciplina marziale tradizionale giapponese creata dal maestro Ueshiba
Morihei (植芝盛平) nato il 14 dicembre 1883 a Tanabe (田辺市), muore a Iwama (岩間) il 26 aprile
1969.
Coloro che praticano codesta disciplina assumo il titolo di ‘Aikidōka’ (合気道家, lett. Colui che
pratica Aikidō). Inoltre, gli Aikidōka vengono suddivisi in ruoli interscambiali durante la pratica:

  • ‘Uke’ (受け): colui che esegue l’attacco.
  • ‘Tori’ (取り): colui che esegue la tecnica, difendendosi.
    Il fondatore dell’Aikidō, Ueshiba Morihei, viene chiamato anche con l’appellativo di Ōsensei (翁先生
    lett. Grande maestro) come forma di rispetto. Distinguiamo tre fasi principali nella vita di
    quest’ultimo:

Primo periodo: dalla nascita fino alla fine dell’era Taishō 大正 (1912-1926)

Ueshiba Morihei è il quarto figlio e unico maschio di Ueshiba Yoroku (植芝与六), un politico. Da
bambino aveva una corporatura esile e molto fragile, perciò il padre lo induce a praticare Sumō (相
撲, lett. strattonarsi) e nuoto al fine di irrobustire la corporatura.
Il suo cammino verso le arti marziali inizierà solo a seguito di un’aggressione subita dal padre
perpetrata dai suoi avversari politici. Questo episodio indurrà Morihei ad allenarsi in numerose
forme di Bujutsu (武術) ed in particolare nella pratica del Daitō-Ryū Aikijūjutsu (大東流合気柔術)
sotto la supervisione del maestro Takeda Sōkaku (武田惣角, 1859-1943), trentacinquesimo
successore della scuola Daitō-ryū (大東流) di Aizu (会津). Questo stile differenziava dalle altre forme
di Jūjitsu (柔術), prevalentemente basate sul combattimento corpo a corpo, in quanto fondato
sull’uso di movimenti e tecniche derivate dall’arte della spada, riadattate solo successivamente per il
Tai-Jutsu (体術, lett. ‘Combattimento a mani nude’).
Completa finalmente i suoi studi nel 1922, ricevendo dal maestro Takeda il diploma da istruttore.

Secondo periodo: dal primo al diciassettesimo anno dell’era Shōwa 昭和 (1926-1942)

Nel 1927 il maestro Ueshiba si trasferisce a Tokyo dove intraprende la carriera da insegnante del
Daitō-Ryū Aikijūjutsu (大東流合気柔術), in una sala concessa dal Principe imperiale Shimazu (島津).
Giustappunto in questo periodo vediamo come la disciplina si evolve camaleonticamente, non solo
nelle tecniche, ma anche nel nome della pratica stessa diventando prima Ueshiba-ryū Aikijūjutsu (植
芝流合気柔術), in un secondo periodo Aiki-bujutsu (合気武術) arrivando infine alla forma
semplificata di Aiki-budō (合気武道).
Grazie alle conoscenze su entrambe le tecniche di lancia (槍術, Sōjutsu) e di spada (剣術, Kenjutsu),
Ueshiba riesce a creare un nuovo metodo chiamato Uchikomi (槍術, ‘Kata vivente’) tutt’ora
considerato uno stile pilastro dell’Aikidō.

In seguito, partecipa in qualità di colono al piano governativo di popolamento del Hokkaidō (北海道
), una gelida ed arida isola del nord del Giappone geo-politicamente strategica. In questo lasso di
tempo, il padre di Ueshiba si ammalerà gravemente, causando l’interruzione della missione. Durante

il viaggio di ritorno con destinazione casa paterna, Ueshiba incontra Deguchi Ōnisaburō (出口 王仁
三郎), leader di una setta shintoista chiamata Ōmotokyō. Questo incontro segnerà profondamente
la vita del giovane, nonché il suo cammino spirituale e lo sviluppo stesso dell’Aikidō.


Furono le seguenti parole “l’Arte è la madre della religione e l’Arte permette la nascita della
religione” a colpire nel profondo il giovane Ueshiba, tanto da arrivare a connettere intrinsecamente
l’idea di Arte e Religiosità. Questo collegamento si spinse fino al raggiungimento di una visione
spirituale delle arti marziali come una forma di armonizzazione del sé individuale con il sé
dell’universo.
Ueshiba si converte in maniera quasi istantanea e morbosa alla fede dell’Ōmoto, al punto di voler
annullare il rientro verso la casa paterna per potersi trasferire ad Ayabe (綾部), dove era situata la
sede centrale della setta. Riesce perfino a diventare la guardia del corpo dello stesso Ōnisaburō con
ben in mente l’obbiettivo di unirsi alla spedizione di stampo religioso affinché, quest’ultimo, riuscisse
nella creazione di uno stato sacro in Mongolia. Ovviamente tale proposito giunse al termine, nel
1931, in maniera al dir poco fallimentare tant’è che entrambi riuscirono ad evitare la morte solo
grazie all’intervento diretto dell’ambasciatore giapponese.

Dopo il ritorno in Giappone, Ueshiba si distanzierà dall’Ōmoto e tornerà a focalizzarsi sulle arti
marziali fondando il Kobukan dōjō (皇武会道場) a Tokyo (東京), ancora oggi riconosciuto a livello
mondiale come sede centrale dell’Aikidō sebbene con l’odierno nominativo di Hombu Dōjō Aikikai (
本部道場合気会). Nello stesso periodo, il maestro Ueshiba raggiunge i vertici del mondo delle arti
marziali. A testimoniare tale crescita sono presenti varie dichiarazioni, tra cui quella dell’ammiraglio
della marina militare, nonché primo ministro del tempo: Yamamoto Gonbē (山本権兵衛, 1852-
1933). Di seguito riporto le parole di quest’ultimo:


«È la prima volta dopo la Restaurazione Meiji che vedo una lancia che vive».


Ma Yamamoto non fu il solo a rimanere senza fiato dinnanzi la destrezza del maestro, anche Kanō
Jigorō (嘉納 治五郎, 1860-1938) maestro fondatore del Judō (柔道) dichiarò quanto riportato:
«Questo è il vero Judō che ho sempre desiderato (praticare)».
Solo dopo che il suo talento fu finalmente accreditato, nel 1942 la disciplina assume ufficialmente il
nome di “Aikidō”.

Terzo periodo: dal diciottesimo anno dell’epoca Shōwa sino alla morte del maestro (1943-1969)

Nella primavera del 1943, durante la Seconda guerra mondiale, Ueshiba decide di abbandonare tutti
gli impegni presi fino ad allora nei confronti dell’esercito, della marina e del mondo delle arti marziali
per rifugiarsi nelle campagne di Iwama della prefettura di Ibaraki (茨城), dove fonda l’Ibaraki dōjō (
茨城道場) e l’Aiki Jinja (合気神社, lett. ‘Tempio dell’Aikidō’). Però, in questo nuovo dōjō si
concentra sull’insegnamento ad una piccola nicchia di allievi ai quali si presenta come una vera e
propria incarnazione della divinità Shintoista del Re Dragone. L’obbiettivo, come pure missione, di
cui si era fatto carico in quanto Re Dragone era solo uno: riportare l’armonia nel mondo.
Inoltre, in questa fase Ueshiba si dedica all’agricoltura, unendo la sua passione per le arti marziali
all’amore per la terra. Grazie a questa dicotomia sviluppa l’Aikidō come via per tutti coloro che
coltivano il grande amore per cielo e terra.

Il 26 aprile 1969 il fondatore Ueshiba Morihei si spegne, alla veneranda età di 86 anni, per colpa di
un cancro al fegato. Gli viene conferita l’onorificenza postuma dell’Ordine del Sacro Tesoro (瑞宝章,
Zuihōshō) per il lungo e meritevole servizio svolto nel campo delle arti marziali.

La forma attuale

L’attuale forma dell’Aikidō non è altro che il frutto della maturazione del pensiero del maestro
Ueshiba. Come scritto in precedenza, dopo aver abbandonato i propri ideali belligeranti, sebbene
ancora nell’apogeo della Seconda guerra mondiale, il maestro trascendere i confini della mera
marzialità a favore della creazione di un’arte che allenasse l’uomo a relazionarsi con il prossimo in
maniera non distruttiva. Sarà proprio questo nuovo pensiero a caratterizzare la forma attuale
dell’Aikidō; se nella sua forma precedente, ovvero quella dell’Aiki-jutsu, il combattimento con il
proprio avversario puntava alla distruzione e l’annientamento di quest’ultimo, l’Aikidō invece
salvaguarda entrambe le parti portando l’avversario a desistere senza recargli alcun tipo di danno.

«AI (amore) non è lotta … Non esiste nemico nell’Aikidō.

Vi sbagliate se pensate che il Budō significhi avere avversari o nemici ed essere forti e farli cadere. Non ci sono né avversari né nemici per il vero Budō».

Bibliografia

  • Conoscere l’Aikidō, Associazione di Cultura Tradizionale Giapponese Aikikai d’Italia, 1978, p.6.
  • Fabbretti Rober, Essenza dell’Aikidō, Aikido, periodico n. XLVIII, 2017, p.23.
  • Tada Hiroshi , traduzione di Paolo Calvetti, “In occasione del 50º anniversario dell’ascesa al cielo del
    Maestro Ueshiba Morihei
    ”, Aikido, Speciale Ō Sensei, 2019, p.14.
  • Ratti Oscar, Westbrook, Adele, Secrets of the Samurai: The Martial Arts of Feudal Japan, Edison, New
    Jersey, Castle Books, 1973, p.23, 356–359.