di Sabrina Cristofaro

Il Giappone, precedentemente terza economia mondiale, ha ceduto il posto alla Germania, che ora segue Stati Uniti e Cina. Nonostante il recente scivolamento del Giappone al quarto posto sia da attribuire a drammatici movimenti valutari, ciò ha assestato ugualmente un duro colpo, data anche l’attuale sfiducia nei confronti delle istituzioni e l’impopolarità del primo ministro Fumio Kishida.

“Gli ultimi dati riflettono la realtà di un Giappone più debole, che può aspettarsi di avere una presenza minore nell’economia globale”, ha affermato Tetsuji Okazaki, professore di economia all’Università di Tokyo.

Dopo aver meritato l’etichetta di ”miracolo economico” per il modo in cui si è risollevato nel dopoguerra, il Giappone diventò, già negli anni 60, la terza potenza economica del mondo, grazie a svariate motivazioni quali la mentalità della popolazione e la stabilità politica. Negli ultimi 30 anni l’economia è però cresciuta solo moderatamente, rimanendo per lo più in una fase di stallo dopo lo scoppio della bolla finanziaria iniziata nel 1990, che diede vita al “decennio perduto” (ushinawareta jūnen), un periodo di stagnazione economica.

L’attuale indebolimento dello yen permette in parte di spiegare il sorpasso da parte dell’economia tedesca, dato che i Pil di ogni Paese vengono convertiti in dollari per essere confrontati. Il Giappone e la Germania sono entrambe economie in affanno: anche quest’ultima è infatti povera di risorse, ed anche qui l’invecchiamento della popolazione determina un calo della produzione e dell’innovazione, avendo conseguenze sull’economia.

“Il superamento della Germania ha dimostrato che è imperativo promuovere riforme strutturali” ha affermato Il ministro per la rivitalizzazione dell’economia Yoshitaka Shindo, secondo l’agenzia di stampa Kyodo.

Il governo ha promesso di fare tutto il possibile per ottenere una crescita salariale più robusta, promuovere le riforme del mercato del lavoro e aumentare il tasso di crescita potenziale del paese attirando investimenti in aree di crescita. Tuttavia, le prospettive per l’economia appaiono tutt’altro che ottimistiche, almeno nel breve termine.