di Daniele di Franco

L’Ōmotokyō (大本教, lett. ‘Grande Origine’) è una nuova religione (新宗教, shin shūkyō – il termine denota tutti i movimenti religiosi istituiti dopo la metà del XIX secolo in Giappone) fondata nel 1899 da Deguchi Nao (出口 なお) e Ueda Kisaburō (上田 喜三郎).

Deguchi Nao (1837-1918) nasce in un umile famiglia contadina durante una carestia a Fukuchiyama (福知山), nella provincia di Tanba (丹波). Nao verrà accordata in sposa all’età di soli 16 anni allo scopo di preservare il cognome della casata a Deguchi Masagoro (政五郎出口), con il quale dà alla luce 8 figli. La famiglia verserà in condizioni di estrema povertà a causa dei problemi finanziari generati dall’alcolismo di Masagoro e al suo successivo decesso, contemporaneamente alla dipartita di alcuni dei loro bambini.

Ueda Kisaburō (1871-1948) è il primo figlio di una modesta famiglia di contadini del villaggio di Anao (穴太), nella provincia di Tanba. Durante l’infanzia studia sotto la guida della nonna il kotodama (言霊, lett. ‘Spirito della parola’) oltre ai classici giapponesi e cinesi, diventando un esperto della materia al punto di ricevere un incarico d’insegnamento nella scuola locale a soli undici anni. In particolare, Kisaburō sviluppa un forte interesse riguardo i rituali Shintō (神道) riportati nel Kojiki (古事記, lett. ‘Cronache antiche’) e Nihon Shoki (日本書紀, lett. ‘Annali del Giappone’), in quanto contenevano informazioni fondamentali per le pratiche di pacificazione delle divinità e preghiere per ottenere il benessere spirituale e materiale.

Kisaburō incontra Nao nel luglio del 1898, durante un viaggio intrapreso dopo la ricezione di un messaggio divino che gli ordinava di recarsi a Sonobe (園部). Durante il percorso il giovane uomo abbigliato e truccato in maniera eccentrica (vecchio mantello, giacca haori, parasole per bambini e denti anneriti nella forma tradizionale delle donne sposate) fa sosta in una casa da tè. In questo luogo Kisaburō intrattiene una conversazione con una giovane donna incuriosita dal suo aspetto, che successivamente scoprirà essere la figlia della stessa Deguchi Nao, alla quale dichiara: «Sono un investigatore delle divinità». [1] A quel punto la giovane chiede a Kisaburō se volesse incontrare la madre, la quale affermava di essere posseduta dall’inizio del 1892 dallo spirito Ushitora no Konjin (艮の金神). Una divinità primordiale inattiva da più di 3000 anni, considerata malvagia nella tradizione Shintō, la cui dimora erano le terre del nord-est (ushitora), direzione associata a tabù e metalli. Nao trascrive le sue possessioni divine in kana (仮名, sillabario giapponese), nonostante fosse illetterata, in un documento chiamato Ofudesaki (御筆先, lett. ‘Punta del pennello’). Il 3 luglio 1899 Nao e Kisaburō instaurano una cooperazione e fondano un nuovo gruppo religioso indipendente, ossia l’Ōmotokyō. Kisaburō stabilisce la dottrina, pratiche, festival e rituali prendendo come punto di riferimento l’Ofudesaki di Nao. Nello stesso frangente assumerà il nome di Onisaburō (王仁三郎) scelto per la sua allusione a Wani (王仁), uno studioso leggendario citato nel Kojiki che introdusse gli ideogrammi cinesi nella scrittura giapponese. Infatti, Onisaburō introduce i kanji (漢字, lett. ‘Caratteri cinesi’) nella traduzione dell’Ofudesaki di Nao, il quale viene rinominato Shinnyū.

Nao ed i suoi primi seguaci erano ostili alla scrittura cinese, denominata dispregiativamente dal gruppo ‘caratteri quadrati’, poiché era molto più complessa da impiegare rispetto al sillabario kana, che anche una signora anziana ed illetterata come lei era in grado di utilizzare per trascrivere gli insegnamenti delle divinità. Questo episodio rappresentava il sentimento di sfiducia degli abitanti rurali giapponesi verso la rivoluzione Meiji (明治, lett. ‘Governo illuminato’) e la riforma dell’istruzione, in quanto le leggi e i contratti erano considerati mezzi per ingannare la gente comune.

Le vite di Onisaburō e Nao rispecchiano le caratteristiche delle agiografie dei capiscuola delle altre ‘nuove religioni’: povertà, malattia, morte di persone care, studi non ortodossi di metodi di divinazione e tecniche esoteriche, periodi di isolamento e austerità religiose per raggiungere lo status di guida spirituale. I due leader entrano in conflitto a causa delle divergenze legate al tipo di ideologia da adottare. Questa controversia viene esplicitata nella dottrina con l’inversione dei ruoli di genere: Nao incarna l’henjonanshi (変成男子, gioco di parole con il quale si esprime la contraddizione del concetto Buddhista per cui una donna, per poter accedere al paradiso del Buddha Amida, deve prima reincarnarsi in un uomo), il principio femminile rappresentato in forma esteriore maschile. Dall’altro canto Onisaburō si identifica nel henjonyōshi (変成女子), il principio maschile concretizzato in forma esteriore femminile. Nao e Onisaburō impersonano questi ruoli inversi fungendo da contenitori spirituali delle divinità Ushitora no Konjin e sua moglie Hitsujisaru no Konjin (坤の金神).

Onisaburō vestito come la divinità Benzaiten 弁才天

Il disaccordo tra i due fondatori si conclude con l’ascesa di Onisaburō a capo assoluto dell’organizzazione. La sconfitta di Nao fu dovuta ad un errata profezia, che provocò l’abbandono del culto di molti suoi seguaci e la caduta in povertà della sua famiglia, secondo cui la guerra russo-giapponese (1904-1905) si sarebbe dovuta concludere con la sconfitta del Giappone e l’instaurazione di un nuovo ordine mondiale.

L’Ōmoto stabilisce i seguenti principi alla base della sua dottrina:

  • Tatekae tatenaoshi (建て替え建て直し). Il concetto esprime il significato di una società dominata e governata dall’avidità e dalla corruzione. Perciò il sistema economico e le istituzioni politiche devono essere distrutti e ricostruiti con la finalità di creare una società moralmente giusta.
  • Bankyō dōkon (万教同根, lett. ‘10.000 fedi e una radice’). L’idea che tutte le religioni provengono dalla stessa fonte. L’Ōmoto dichiara l’esistenza di un unico vero Dio, creatore dell’universo e autorità assoluta in un mondo in cui sono presenti molteplici divinità inferiori. Per l’Ōmoto questa divinità primordiale è rappresentata da Ushitora no Konjin, nella tradizione giapponese è comunemente noto come Ōkuninushi (大国主, lett. ‘Maestro del gran paese’) oppure nel Kojiki viene citato con il nome di Ame no Minakanushi (天之御中主, lett. ‘Lord of the August Center of Heaven’).

Nel 1916 il gruppo muta nel Kōdō Ōmoto (皇道大本, lett. ‘Ōmoto dell’antica via imperiale’). I principi del Kōdō si incentrano sull’interpretazione della mitologia classica da parte di Onisaburō. In particolar modo l’elemento focale è la decodificazione esoterica in chiave contemporanea del Kojiki, opera considerata come contenitore di “myriad of truths” [2], attraverso il kotodama, la credenza secondo cui le parole e i suoni hanno un potere magico. Tutto ciò appena esposto combinato alle profezie di Nao fungono come fonti autorevoli per sostenere un programma di riforme sovversive alla linea di pensiero statale.
L’obiettivo del Kōdō è di ripristinare il governo divino (神政復古, shinsei fukko) basato sull’unione tra religione e amministrazione statale (祭政一致, saisei icchi). Nello specifico si aspira ad applicare le leggi di governo divine descritte dalla mitologia antica alla sfera politica umana. Perciò l’organizzazione mira ad una riforma strutturale del sistema economico-sociale statale puntando al raggiungimento dell’autonomia economica interna grazie alla diligenza del popolo giapponese (天産自給, tensan jikyū). Il Kōdō sostiene l’abolizione delle tasse a favore dell’implementazione di una società comunitaria in cui le occupazioni dei membri sono decretate per ordine divino e la ricchezza prodotta viene amministrata da un tesoro nazionale che paga i lavoratori a seconda della necessità. All’interno di questo apparato i lavori pubblici sono gestiti direttamente dalla comunità applicando l’antica usanza per cui ogni famiglia contribuisce con i materiali e la manodopera a sua disposizione. In aggiunta il Kōdō spinge per una riforma dell’istruzione, in quanto il modello in essere è considerato inadeguato poiché incentrato sul dispensare un’educazione di cultura generale a base nozionistica invece di rendere gli studenti specializzati in un determinato campo o lavoro. Un ulteriore proposito è, sulla base del pensiero neo-nativista della famiglia-stato (家族国家, kazoku kokka), la configurazione di un organismo di famiglia mondiale (世界大家族正道, sekai daikazoku seidō). Il Giappone essendo governato da un’ininterrotta linea imperiale attraverso svariati secoli (万世一系, bansei ikkei), doveva diventare il primo stato a stabilire una società eguale per poi guidare le altre nazioni allo stesso scopo ed al raggiungimento della pace mondiale.

La soppressione della setta

La polizia monitorò le attività dell’Ōmoto, dall’indagine fu dichiarato che l’organizzazione aveva oltrepassato i limiti imposti dallo stato profetizzando per il 1921 un’apocalisse e il successivo spostamento della capitale imperiale ad Ayabe. Ciò portò all’arresto di Onisaburō nel febbraio del 1921 con l’accusa di lesa maestà e violazione della legge giornalistica del 1909 per la diffusione di articoli mendaci. Durante questo periodo i giornali nazionali pubblicarono articoli riguardo l’Ōmoto designandola come religione eretica (邪教, jakyō), accusando gli ex-seguaci della setta di omicidi e atti di pratiche rituali sessualmente perverse. Nell’agosto del 1920, il governo giapponese bandì l’Ofudesaki per contenuti offensivi verso la famiglia imperiale e la tomba di Nao fu smantellata. Dopo la morte dell’imperatore Taishō il 17 maggio 1927, Onisaburō fu assolto da tutte le accuse e scarcerato.

Nel 1931 Onisaburō creò la Shōwa Shinseikai (昭和新政会), organizzazione politica dell’Ōmoto. La Shōwa Shinseikai metteva in circolo petizioni di opposizione alle politiche governative e sosteneva una serie di cause patriottiche come ad es. supporti economici all’agricoltura delle campagne rurali, che soffrirono brutti raccolti dal 1932 al 1935 e che portarono a condizioni di carestia nella regione del Tōhoku (東北). In queste regioni l’organizzazione distribuiva riso ed altri generi di prima necessità. Nel 1935 l’Ōmoto portò avanti una petizione per far creare un gabinetto governativo nel quale la figura di primo ministro doveva essere ricoperta da un membro della famiglia imperiale, ciò fece sì che l’Ōmoto fosse associato ai partiti politici di estrema destra. Infatti, l’organizzazione rappresentava una minaccia per lo stato, poiché tramite le sue sedi distaccate su tutto il territorio giapponese poteva riunire i piccoli partiti sotto un’unica ala, arrivando a smuovere grandi masse in atti di protesta o rivoluzione. L’espansione rapida della Shōwa Shinseikai è percepita come un pericolo dalle autorità giapponesi in quanto una religione stava attivamente influenzando la politica. La sopramenzionata motivazione portò al secondo smantellamento del gruppo nel 1935 da parte della polizia di Kyoto, per violazione della legge di preservazione della pace (治安維持法, chian ijihō), tramite l’uso di prove fasulle. La polizia demolì tutti gli edifici legati all’Ōmoto a partire dai santuari e uffici amministrativi fino ad includere le case dei leader e dei fedeli. Inoltre, distrusse tutti gli oggetti legati alle pratiche rituali, oltre a quelli di uso comune, e mise all’asta tutte le proprietà terriere. I fedeli dell’Ōmoto furono ostracizzati, perseguitati e licenziati dal lavoro nelle loro comunità.
Nel 1940 Onisaburō fu sentenziato all’ergastolo, ma fu rilasciato nel 1942. Nel 1946 il leader soffrirà di un’emorragia celebrale che lo porterà alla morte nel gennaio del 1947.

[1] Stalker Nancy, Prophet Motive, 2008:35.

[2] Stalker Nancy, Prophet Motive, 2008:54.

Bibliografia: Stalker Nancy, Prophet Motive Deguchi Onisaburō, Oomoto, and the Rise of New Religions Imperial Japan, Honolulu, University of Hawai‘i Press, 2008.