la cerimonia del passaggio della bandiera da rio 2016 a tokyo

di Barbara Waschimps

Una possibile traccia del programma originale della cerimonia di apertura di Tokyo2020? Dopo quanto accaduto a ridosso della Cerimonia inaugurale e prima di assistere a quella di chiusura, andiamo a rileggere – e a rivedere nel video completo del 21 agosto 2016 – qual era la versione di sé che il Giappone intendeva offrire al mondo.

È un dato di fatto che il segmento più raffinato della Cerimonia di chiusura di Rio 2016 sia stato quello costruito dai giapponesi per il passaggio della bandiera, o flag handover, momento che sancisce ufficialmente ‘ l’inizio dei lavori’  per la città che va ad ospitare i Giochi successivi. E su questo dato pesa relativamente l’indovinato coup de théâtre del premier Abe in versione Super Mario, quanto più generalmente un’affascinante proiezione sul futuro, che in 9 minuti veicola con eleganza formale indiscutibile alcuni degli asset culturali del Giappone contemporaneo. Riuscire nell’intento senza ricorrere esplicitamente alla tradizione e coinvolgendo con misura la cultura pop non era impresa facile. Ma quando si ha una visione chiara, si sa come arrivare al risultato.  I concetti portanti, che avremmo dovuto ritrovare nel 2020, erano tre: Achieving Personal Best – Unity in Diversity – Connecting to Tomorrow. In pratica, quello che ti aspetti dalla potenza tecnologica dell’Asia.

All’interno del leggendario Stadio Maracana sotto una pioggia battente ecco il sindaco di Rio de Janeiro Eduardo Paes e la governatrice di Tokyo Yuriko Koike, in kimono. Si comincia con il Kimi ga yo 君が代, l’inno giapponese, intonato da un coro di bambini arrangiato da Jun Miyake, di grande poesia. Attenzione alla musica, da sempre protagonista strategica di questi interventi. L’arrangiamento delle voci ricorda la  tradizione nipponica, ma l’armonia ha una rotondità già brasiliana.

Mentre si svela lo Hi no Maru 日の丸, la bandiera nazionale, 20 performer si muovono all’interno di veicoli robotizzati luminosi (personal transport assistance robot), i cui costumi si ispirano alla tecnica Origami 折り紙, con corsetti e copricapi realizzati in carta da volontari e studenti. Il quadro successivo denominato “Arigatō / Grazie” consiste in un messaggio di gratitudine proiettato sulla pista e coreografato all’origine per 10.000 studenti delle prefetture di Miyagi, Iwata e Fukushima, devastate dalla catastrofe del 2011.

La sezione “Tokyo is warming up” è una video-performance che sottolinea quanto il Giappone ami gli sport e le Olimpiadi. La città di Tokyo interpreta sé stessa attraverso le future venues e il motto olimpico faster, higher, stronger (citius, altius, fortius). La colonna sonora è ‘Chichinpuipui / Manipulate the time’ di Ringo Sheena, che non ha bisogno di presentazioni, arrangiata dal compositore Yoichi Murata.  Stacco sull’ormai famoso count down Mario, con apparizione finale a sorpresa del primo ministro Shinzō Abe, tra personaggi di anime e grandi olimpionici. Musica del tastierista H ZETT M (Masayuki Hiizumi).

La sezione ‘Sport Technology’ è a sua volta una proiezione su pista di un’animazione che rappresenta 33 sport. 50 performer con l’ausilio delle tecnologie di realtà aumentata creano una suggestione di grande efficacia e potenza visiva, per poi tornare ‘reali’ all’interno di parallelepipedi luminosi di 3 grandezze diverse, mentre i famosi ginnasti dell’università di Aomori interpretano movimenti acrobatici. Come tappeto sonoro il brano techno-dance1620’ di Yasutaka Nakata, membro dei Capsule.

Nel quadro successivo Tokyo è rappresentata come la città delle vie d’acqua, con un time-lapse di scene notturne viste dall’alto. Si procede verso il finale iniziando di nuovo con un coro e l’accenno alla passione dei giapponesi per i festival – e alla capacità della capitale di dare il benvenuto agli ospiti di tutto il mondo. I performer cambiano velocemente costumi (e questa è una citazione da una tecnica tipica del kabuki), interpretando tre diverse danze tradizionali. La fusione tra il concetto di matsuri rivisitato, le coreografie e la musica è perfetta. I cubi luminosi vanno lentamente a formare il logo di Tokyo 2020.

Durante il crescendo finale, sul campo prende forma una proiezione del Fujiyama che si rispecchia nello skyline della metropoli. Stile da vendere per i costumi e le coreografie. Soundtrack ancora firmata Ringo Sheena con il suo ‘Bōenkyō no Soto no Keshiki (Paisaje)’, ed è eccellente il lavoro di arrangiamento ad opera di nuovo di Murata sensei. Il fanatismo dei giapponesi per la musica di qualità e la loro passione per il jazz sono noti; la ending scene non sarebbe stata la stessa con un brano diverso. Pubblico brasiliano in visibilio – il pezzo si chiude con echi di ‘Berimbau’ di Baden Powell ed è esaltazione pura. Al grido di ‘See you in Tokyo’ Abe consegna la sfera che rappresenta il sole nascente nelle mani del nuotatore pluri-medagliato Kōsuke Kitajima.

Il Giappone centra l’obiettivo di mostrarsi rinato e vincente – soprattutto quando l’apparenza deve essere ingannevole. Anche coloro che non erano d’accordo con l’assegnazione olimpica, in quanto basata sulla menzogna che la questione di Fukushima fosse sotto controllo, ammettono che il messaggio è stato convincente e ben confezionato.

Tecnologia, creatività innovativa, globalizzazione, eleganza essenziale: nell’evento di Rio de Janeiro c’era tutto il massiccio dispositivo cuttin’ edge rappresentato dal Giappone come hub creativo dell’Asia orientale negli ultimi 40 anni  . Ma nulla di tutto questo si è visto nella Cerimonia d’ Apertura dei Giochi Olimpici 2020/2021. C’è ancora qualche giorno prima della chiusura di Tokyo 2020, e vedremo il Giappone contrapposto alla Francia l’8 agosto per il nuovo flag handover. Torneremo a parlarne.

Del foltissimo team creativo dell’evento citiamo qui: Kaori Sugano, creative director; Ringo Sheena, creative supervisor/ music director; Mikiko, live action director / coreographer; e per la produzione del Balich Wonder Studio Gianmaria Serra e Laura Cappelli.